Morus
Pubblicato: 2021-12-27
Morus
Morus, il gelso di un altro paese, auto disciplinava la vite. Le dava ombra nigra e bacche. Foglie per i bachi o i vittoriosi, foglie simili all’acanto.
Veniva rosso il cielo,
arancio pallido, screziato oro.
Lungo il confine bluastro, nitido il profilo perduto di un’altra isola.
Becchi e giovinastri sassi,
appesi sul confine,
ombrose pietre giganti con il profilo di donna.
Sono seni che vorrei toccare,
succhiare il latte del centro della terra,
perdere tutto il senno tra i boschi e sciogliere queste piante di piedi cresciuti,
sul granito bollente di sole estivo.
È un tramonto che non chiede né il permesso, né l’amore che serve.
Bande di cicale fanno il metallico serale addio
e lieve il picchio- Tuc!
Un frullare e un bordone barocco
zeta volante e in declino,
ormai lontano, anticipa la notte