I beni comuni come antidoto alla turistificazione dei centri storici? Il caso di Santa Fede Liberata a Napoli
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2035-7141/11996Parole chiave:
beni comuni urbani, patrimonio culturale abbandonato, turistificazione, migrantiAbstract
Nei centri storici delle città emergono progressivamente iniziative di rigenerazione e gestione di “nuovi” beni pubblici. Questi neo-commons si fondano su accessibilità, cura condivisa degli spazi pubblici e partecipazione nei processi decisionali, attraverso il coinvolgimento di gruppi attivi in grado di tematizzare lo spazio pubblico inteso come il luogo che dispiega la funzione di attrezzatura o servizio prodotto dallo Stato. In questo saggio intendo interrogarmi sul concetto di bene comune urbano come dispositivo di contrasto alla turistificazione attraverso il caso del centro antico di Napoli dove sono in atto processi di riuso di beni abbandonati, “ex luoghi” che stanno svolgendo la funzione di incubatori civici per nuove pratiche di cittadinanza. Su questi beni si concentrano oggi le aspirazioni di molte comunità locali – tra cui quella dei migranti – al fine di avviare una gestione democratica e sostenibile del centro antico. Il paper mostra i risultati di una ricerca su campo realizzata nell’ex Convento di Santa Fede Liberata, una struttura “liberata” da un gruppo di abitanti dell’area costituito da artisti, migranti, viandanti, senza fissa dimora. L’analisi mostra non solo come la gestione di questa struttura produca un uso “creativo” dei beni comuni, ma anche una capacità di creare dal basso nuove istituzioni.
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